IL CILINDRO
IL CILINDRO
Poesie dal ghetto di Varsavia
Poesie di Wladyslaw Szlengel da “Cosa leggevo ai morti” (edizione Sipintegrazioni, 2010)
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Ideazione e regia: Enrico Paci
Voci recitanti: Mauro Silvestrini, Enrico Paci
Musiche originali: Matteo Bianchini
Video: Giovanni Pierangeli
Per la prima volta nel 2010 viene pubblicata in italiano una raccolta di poesie di Wladyslaw Szlengel (1914-1943), ricordato come “il poeta del ghetto di Varsavia”.
Prima dell’invasione nazista Wladyslaw Szlengel era un autore di cabaret, le cui opere, di grande successo, andavano in scena sui palcoscenici scintillanti e allegri di Varsavia. Tutto cambia con l’invasione della Polonia del 1939. Varsavia si divide a metà. Gli ebrei (circa mezzo milione di abitanti) sono relegati in un’area di 4 chilometri quadrati. Il ghetto. Tra questi vi era anche Wladyslaw Szlengel.
Con la stella di David al braccio, Szlengel continua a scrivere con la graffiante, fresca, perfino ironica verve del cabarettista, ma di ben altri argomenti…
Ha cantato la vita del ghetto di Varsavia, rimanendone per un periodo l’unico cronista. Leggeva le poesie e le prose alle persone che aveva a fianco e che vedeva diminuire di numero ogni giorno giorno che passava.
Muore l’8 maggio 1943 durante l’insurrezione del ghetto. Aveva 29 anni.
Il percorso teatrale-performativo, realizzato per le celebrazioni del giorno della Memoria, è stato ideato per essere il più possibile avvolgente nei confronti del pubblico. Un percorso non solo letterario, ma fisico-sensoriale. Oltre alle parole e alla musica, il pubblico rivive alcuni aspetti realistici di ciò che viene riportato in parole nei testi del poeta. Il poeta si presenta come si presentava ai compagni del ghetto, con la stella al braccio e tanta voglia di raccontare le ultime, terribili, vicende che li riguardavano. Una pentola gorgoglia da una parte, monumento di una madre strappata alla famiglia, un cunicolo freddo, umido e buio è l’ambientazione di un altro momento. Il pubblico vi entra silenzioso. A chiusura del percorso un cortometraggio ispirato alla poesia “Il Cilindro” in cui un giovane ebreo in frack cammina spensierato per le vie del ghetto. Il testo racconta di un capriccio di questo personaggio (lo stesso poeta) che vuole vestirsi elegante, con il cilindro, una cravatta allegra come per andare ad una festa, ben sapendo invece, di avere l’obbligo di portare la stella al braccio. “Che vedano pure!”, “Spari pure il gendarme/quando fischietterò/ O kinder meine/ e rotoli pure/ sotto i suoi stivali/ il mio cilindro scintillante.”.
Il corto (interpretato da Enrico Paci, per la regia di Giovanni Pierangeli) ha partecipato all’edizione 2013 dell’Umbria Film Festival di Montone.
“Questo è ciò che leggevo ai morti, e i vivi? Ebbene, che i vivi non perdano la speranza.”
MEDEM APS
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